Storia

La ”Cassina Vallicelli” ha radici antiche. L’origine del nome è da ricercarsi nel latino "valicellum" (scorciatoia), presumibilmente dovuto alla strada a margine della tenuta già in uso in epoca romana come naturale collegamento a mezza costa con più importanti vie.

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Da documenti risalenti al 1512 si evince che i Vallicelli erano Comune Autonomo, governato da un nobile che vi abitava con la propria famiglia e con alcuni artigiani. Il “comune” pertanto si connotava come una sorta di centro servizi dove l’agricoltura era per lo più votata al sostenamento familiare. Con l’editto di Maria Teresa d’Austria (1735) i privilegi e l’autonomia comunale furono aboliti e la proprietà, rimasta integra nel tempo, come tale venne acquisita verso la fine del XIX secolo.
Allora, la principale fonte di ricchezza della tenuta erano i gelsi, indispensabili per l’allevamento del baco da seta: gli oltre 300 esemplari del primo ‘900 vennero tagliati nel dopoguerra con la chiusura delle filande e la tenuta ebbe vita difficile. Le difficoltà generate dal periodo bellico fecero riemergere i segni dell'antico substrato: il grande giardino “del principe” a fiori e roseto, il giardino “verziere” a orto e frutteto, il giardino delle “piccole piante” aromatiche e medicinali e la stalla e gli animali di bassa corte.


La nostra filosofia

Oggi, volendo preservare in qualche modo i principi dell’autarchia tipici dell’antico comune, pur dovendo rinunciare all’allevamento di animali, abbiamo ridato vita all’azienda agricola. Senza trascurare la silvicoltura e la produzione di piante ornamentali volgiamo la massima attenzione al percorso alimentare, trasformando in prodotti di eccellenza frutta e verdura coltivati secondo i dettami di un’agricoltura integrata e priva di forzature.

L’idea è partita dall’esigenza di conservare la frutta per i nostri bambini, mantenendone il più possibile sapori e caratteristiche naturali, nel rispetto della tradizione familiare, da sempre attenta ad una cucina colta e raffinata.

Così abbiamo eletto i bambini a nostri giudici. E i grandi ne approfittano.




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